RICORDO DI MARIO BOCCARDO – di Claudio D’Angelo
2 Maggio 2019“SCÙZA SE M’ARREMBO”
E’ certamente impossibile sintetizzare la personalità di un uomo ed un’amicizia lunga quasi quarant’anni in tre o quattro parole, se pur pronunciate in genovese (sperando, poi, che la grafia soprariportata non si discosti troppo dalla forma esatta), ma se, ugualmente, si volesse tentare questo cimento, penso proprio che, nel caso di Mario, questa frase si avvicinerebbe all’obiettivo.
Nel ripeterla, penso si possa subito avvertire la natura di Mario, uomo profondamente ligure, abituato al dialetto, unitamente al suo animo gentile, buono, generoso, disponibile verso il prossimo. E sono queste le caratteristiche che oggi vorrei sottolineare, tralasciando in questo contesto la forza fisica, la determinazione, la Fede in Dio, il volontariato, eccetera.
Il “teatro” dove scaturiscono queste parole è costituito dall’Aiguilles de Chamonix e, più precisamente, dalla Traversata del Grépon, dove abbiamo seguito, dopo circa cent’anni, le orme di Mummery, in una scalata che, alla fine del XIX secolo, era considerata, come ben sanno gli appassionati della Storia dell’Alpinismo, forse la più difficile delle Alpi.
Nel 1984, ovviamente, non è più per nulla così e, semplicemente, il bivacco imprevisto, sulla via del ritorno, si è reso necessario, oltre che per le modeste capacità tecniche, per una certa sottovalutazione della lunghezza del percorso d’accesso, per le numerosissime cordate impegnate sulla via e per il comportamento da buoni samaritani nell’assistenza ad una cordata in difficoltà.
Ma veniamo, dunque, alla frase che, da quando Mario si è spento, risuona nelle mie orecchie come in quel lontano giorno d’agosto.
Costretti dall’oscurità via via crescente approntiamo il bivacco, stendendoci lui ed io su una lastra di granito, di dimensioni appena sufficienti al bisogno, con un vuoto attorno che i contemporanei di Mummery avrebbero definito senza dubbio “greponico”. Sarebbe piuttosto ridicolo, invece, alla luce delle prestazioni odierne.
Roberto e Maurizio si sistemano su un altro terrazzino, leggermente più in alto; Sandro, più veloce, è riuscito a scendere vicino al ghiacciaio, trovando una sistemazione più idonea.
Io approfitto del mio ruolo di capo e scelgo per primo il posto; mi stendo vicino alla parete, maggiormente riparata, con la schiena rivolta verso il vuoto; Mario è dietro di me e quindi sul lato esterno del piccolo scalino. Ha la faccia contro la mia schiena ed incomincia ad avere freddo, forse più freddo di me. Cerco di coprire i nostri corpi con una misera mantella, che ondeggia nel gelido vento della notte. Lui non si lamenta, ma cerca un po’ di caldo ed assume una posizione a me più ravvicinata; è a questo punto che esclama le parole con cui ho iniziato il suo ricordo. Non mi chiede di cambiare posto, come sarebbe logico e giusto e come poi faremo qualche ora dopo; si giustifica, con mitezza, ritenendo di avermi arrecato fastidio, pur avendo assunto un atteggiamento che, invece, tutti gli alpinisti che hanno bivaccato al freddo hanno messo in atto.
La mia risposta, colorita come certamente ciascuno può immaginare, fa scoppiare da parte di entrambi una bella risata, che ci predispone meglio alla sopportazione del disagio; di lì a qualche ora, ripresa la discesa, completeremo il lungo percorso di rientro, facendo ritorno alle nostre famiglie con un sensibile ritardo, che non potrà non impensierire le nostre mogli.
Claudio D’Angelo
Ci piace ricordare Mario con un link alla bellissima presentazione fotografica realizzata dall’amico Raimondo Caddeo
……Raimondo Caddeo ha appena pubblicato questo bellissimo video nel ricordo di Mario Boccardo, con Alessio Boccardo e Ilaria Boccardo
Pubblicato da Renzo Bonissone su Giovedì 2 maggio 2019